Il disturbo da deficit di attenzione e iperattività (ADHD)
In occasione del congresso della Società di Psicopatologia (Roma, febbraio 2010) e di un incontro con psichiatri campani a Napoli, nel maggio 2010, il dott. Ceraudo ha tenuto una relazione sul Disturbo da deficit di attenzione e iperattività (ADHD).
L’ADHD può essere definito come un quadro sindromico in cui si intersecano disfunzioni relative alle sfere emozionale, cognitiva e comportamentale. Esso si manifesta sotto forma di uno stato persistente e stabile di disattenzione e/o iperattività-impulsività più frequenti, gravi e debilitanti di quanto non si osservi tipicamente in soggetti di pari età. Originariamente l’ADHD è stato considerato come un disturbo dello sviluppo di pertinenza esclusiva di bambini e adolescenti, mentre oggi appare sempre più evidente che il disturbo riguarda tutte le fasi della vita di chi ne è affetto.
I bambini con ADHD presentano importanti disturbi del comportamento con agitazione, aggressività, impulsività, associati a difficoltà di concentrazione e di apprendimento. Secondo la nosografia corrente, possono essere distinti tre sottotipi:
- quello con disattenzione predominante;
- quello con iperattività-impulsività predominanti;
- quello combinato.
Per quanto riguarda la popolazione adulta esistono pochi dati, e tutti, fino a qualche anno fa, limitati a una stima grossolana ricavata dagli studi prospettici su soggetti affetti da ADHD nell’infanzia, accettando la stima prognostica secondo cui la sintomatologia persista nel 50% dei casi e che il disturbo non compaia ex-novo negli adulti. Indagini epidemiologiche recenti come il National Comorbidity Survey, condotto su una popolazione adulta di 10,000 soggetti, indicano una prevalenza del 4,4% (Kessler, Adler et al. 2006), con una maggior frequenza del tipo con disattenzione predominante rispetto agli altri due.
Molto complessa, specialmente nell’infanzia e nell’adolescenza, è la diagnosi differenziale con il Disturbo Bipolare che si presenta con manifestazioni sovrapponibili.